I licenziamenti intimati per ritorsione, quale unico motivo determinante, sono nulli.

I lavoratori licenziati per ritorsione hanno diritto ad essere reintegrati nel posto di lavoro e al risarcimento del danno.

In applicazione di tali principi, il Tribunale di Roma – Sezione Lavoro, ha dichiarato la nullità dei licenziamenti impugnati da due dipendenti di un’impresa di pulizie, assistiti dal nostro studio, che avevano lamentato il carattere esclusivamente ritorsivo del recesso datoriale, che era stato formalmente giustificato con la perdita dell’appalto.

Il preteso giustificato motivo oggettivo, del quale non è stata fornita la prova, era in realtà infondato ed era servito a celare l’intento ritorsivo del datore di lavoro. Il licenziamento, infatti, era stato intimato a seguito di un diverbio con uno dei due lavoratori, cagionato dalle avances che il titolare dell’azienda aveva rivolto alla sua compagna, l’altra lavoratrice licenziata.

A causa del diverbio il lavoratore aveva un malore e si assentava per alcuni giorni per malattia; finita la malattia, veniva messo in ferie forzate e, subito dopo, sia lui che la sua compagna venivano licenziati.

L’azienda è stata, quindi, condannata a reintegrare i lavoratori e a pagare loro un’indennità risarcitoria da determinare in base alla retribuzione di riferimento per il calcolo del TFR, dal giorno del licenziamento all’effettiva reintegrazione, oltre interessi e rivalutazione nonché al versamento dei contributi previdenziali assistenziali per il medesimo periodo.

In allegato la sentenza.