Il licenziamento disciplinare intimato per condotte del lavoratore che costituiscono altresì illecito penale o contrastino con il c.d. “minimo etico” è legittimo anche in presenza di violazione del principio di necessaria pubblicità del codice disciplinare mediante affissione in luogo accessibile a tutti i lavoratori.

Il principio – valevole anche relativamente alle sanzioni disciplinari conservative e non per le sole sanzioni espulsive – è stato ribadito con la sentenza n. 4826 del 24 febbraio 2017 dalla Sezione lavoro della Cassazione, che ha condiviso il consolidato orientamento della Suprema Corte (cfr., Cass. 27.1.2011 n. 1926; Cass. 29.5.2013 n. 13414; Cass. 26.03.2014, n. 7105)  secondo il quale deve ritenersi che in tutti i casi nei quali il comportamento sia immediatamente percepibile dal lavoratore come illecito, perché contrario al c.d. “minimo etico” o a norme di rilevanza penale, non sia necessario provvedere alla affissione del codice disciplinare, in quanto il lavoratore ben può rendersi conto da solo della gravità e della illiceità della propria condotta, anche al di là di una analitica predeterminazione dei comportamenti vietati e delle relative sanzioni da parte del codice disciplinare (nel caso di specie il lavoratore è stato licenziato per aver rivolto accuse gravi e non fondate a un dirigente dell’azienda e ad altri colleghi).